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Saturazione dell’ossigeno nel sangue a portata di mano


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Gli esseri umani possono sopravvivere senza molte cose, ma non senza ossigeno. Tutti lo respiriamo dalla stessa atmosfera e abbiamo esigenze di base simili. Qualsiasi anomalia nella saturazione dell’ossigeno è quindi causa di preoccupazione.

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Il portatore dell’ossigeno nel corpo umano è l’emoglobina. La percentuale dei siti di legame (dell’emoglobina) nel flusso sanguigno occupati dall’ossigeno è di grande importanza clinica, specialmente se è eccessivamente bassa [1]. Esistono due diversi metodi per misurare la saturazione dell’ossigeno che si distinguono per complessità e invasività. Prima di tutto, però, è necessario definire cos’è la saturazione dell’ossigeno e come viene misurata.

La saturazione dell’ossigeno è semplicemente la frazione di emoglobina saturata di ossigeno relativa all’emoglobina totale nel sangue del paziente, rappresentata in percentuale. Tuttavia, tale percentuale varia in base al punto in cui è stata effettuata la misurazione. La misurazione della saturazione di ossigeno arteriosa (SaO2) implica il prelievo del sangue e l’analisi per mezzo di un analizzatore di gas del sangue [2]. I valori normali vanno dal 100% al 94%, mentre un valore pari o inferiore al 90% indica ipossiemia [3, 4]. Si tratta del metodo più accurato per la misurazione della saturazione d’ossigeno, anche se ha uno svantaggio notevole: la necessità di prelevare il sangue ogni volta che si effettua la misurazione.

Questo accomuna la misurazione del SaO2 a quella della saturazione di ossigeno venosa (SvO2), anche se quest’ultima differisce notevolmente per quanto riguarda la zona di puntura e la tecnologia utilizzata per la misurazione. Più specificamente, la procedura non richiede il prelievo del sangue, ma è parimenti invasiva e addirittura più complessa. Innanzitutto, nell’arteria polmonare viene introdotto un catetere arterioso polmonare (PAC), seguito da una sonda a fibre ottiche collegata a un monitor ossimetrico.

Utilizzando i principi di spettrofotometria in riflettanza (determinando la quantità di emoglobina saturata attraverso l’assorbimento della luce nel sangue esaminato), il sistema diagnostico misura il risultato della consumazione e del trasporto dell’ossigeno (O2) (ossia come il corpo trasporta l’ossigeno ai tessuti). I valori SvO2 normali vanno dal 70% all’ 80% e qualsiasi anomalia significativa indica possibili patologie: i valori bassi sono comuni nei pazienti anemici, mentre quelli alti nelle persone affette da shock distributivo [5, 6].

Vi sono poi metodi non invasivi e generalmente più convenienti, quali la saturazione di ossigeno tissutale (StO2) e la saturazione di ossigeno periferica (SpO2), che però non eguagliano né la SaO2 né la SvO2. La misurazione della StO2 si basa sulla spettroscopia nel vicino infrarosso (NIRS), un metodo ottico che utilizza la luce per illuminare i composti chimici. Il sensore ottico viene semplicemente premuto sulla pelle senza procedure speciali.

Poiché si tratta di una tecnologia relativamente nuova, vi sono ambiguità riguardo ai valori normali per le persone sane. Inoltre questo metodo è usato molto meno rispetto alle altre procedure di misurazione della saturazione di ossigeno. È adatto per monitorare l’ossigenazione dei piedi nei pazienti sottoposti a rivascolarizzazione endovascolare nell’ischemia degli arti grave, la complicazione più seria dell’arteriopatia periferica (PAD).

La saturazione di ossigeno periferica (SpO2) è un metodo più versatile e assai più utilizzato che presenta numerosi e notevoli vantaggi rispetto agli altri metodi. La pulsossimetria, come viene chiamato il metodo di misurazione della SpO2, è abbastanza simile al metodo StO2: essa utilizza due fonti di luce rossa e vicino infrarossa per misurare il loro assorbimento nel tessuto. Il dispositivo effettua diverse misurazioni al secondo e calcola la saturazione dell’ossigeno in base alla differenza individuata tra la saturazione di ossigeno maggiore nel sangue arterioso dal tessuto meno ossigenato del sistema venoso.

La pulsossimetria è usata in una grande varietà di applicazioni che vanno dalla diagnosi di apnea del sonno e ipossiemia nei pazienti perioperatori alla valutazione della gravità dell’asma e/o COPD e titolazione della terapia di ossigeno supplementare nei pazienti dipendenti da ventilatore [12, 13, 14, 15]. In ogni caso, nessun pulsossimetro è uguale all’altro e vi possono essere differenze notevoli nei risultati delle misurazioni, in particolare tra i dispositivi economici e quelli all’avanguardia che sono più accurati.

Lo strumento diagnostico MESI mTABLET SPO2

I due fattori principali che influenzano la qualità dei risultati pulsossimetrici sono i movimenti del dito o del lobo dell’orecchio mentre il sensore è attaccato durante la misurazione e la perfusione bassa [17, 18, 19]. I progressi nel campo dei software e dei filtri algoritmici hanno reso questi fattori meno problematici, ma solo fino a un certo punto. Ad esempio, non possono competere con gli algoritmi complessi usati da MESI mTABLET SPO2 che forniscono ai medici risultati accurati. E questo non è l’unico vantaggio. Le funzioni relative alla SPO2 includono la frequenza di impulsi e procedure avanzate di misurazione quali il test della camminata di 6 minuti ecc.

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Inoltre, in MESI mTABLET è integrato il supporto per MESI mRECORDS, un sistema per la gestione e la condivisione delle cartelle cliniche elettroniche (HER). Ciò permette il salvataggio automatico dei risultati della SPO2 nella cartella clinica del paziente e una facile condivisione dei dati con lo specialista appropriato e altri operatori sanitari, anche se non sono utenti di MESI mTABLET.

La pulsossimetria è un valido metodo diagnostico non invasivo per valutare la saturazione dell’ossigeno ed è adatto sia per l’uso negli ambulatori di medicina generale sia presso le strutture ospedaliere e ambulatoriali. In queste ultime si utilizza di solito un semplice pulsossimetro, mentre nel primo caso vi sono requisiti assai più rigorosi che possono essere adempiuti solo da strumenti quali MESI mTABLET SPO2, che offrono funzioni con vantaggi ben oltre la pulsossimetria.